Paganini può essere definito pittore e artigiano. In verità ogni pittore in qualche modo lo è perché fa sue e rielabora le tecniche espressive legate alla materia che plasma.
Però, nel caso dell'uso degli smalti a gran fuoco su rame e del metallo cesellato la materia esige una conoscenza così approfondita della tecnica, che qualsiasi approssimazione compromette in modo essenziale l'espressione artistica.
Quindi Paganini è stato un vero maestro dello smalto, perchè ha avuto l'umiltà di seguire le figure di grandi smaltatori della scuola milanese che lo hanno preceduto o accompagnato nella sua ricerca professionale. Per questo occorre capire meglio di cosa stiamo parlando, come materia e come lavorazioni.
Cosa sono gli smalti
Si definisce “smalto” quella particolare tecnica che accoppia paste vitree a supporti metallici mediante un processo di fusione al forno.
Si possono smaltare metalli con punto di fusione superiore a quello degli smalti; quelli più usati sono il rame, l’argento e l’oro.
Gli smalti sono costituiti da sabbia di silice (al 50%), carbonato di sodio, potassa e piombo fusi in un composto vetroso al quale si aggiungono gli ossidi metallici che conferiscono una vasta gamma di colorazioni e di trasparenze.
I punti di fusione dei vari colori oscillano tra i 500/750°C e i 900/1000°C.
LE PROBLEMATICHE
Ciò che rende veramente complessa la pratica di quest’arte è l’interazione tra i metalli e gli smalti i quali, dilatandosi diversamente alle alte temperature, provocano in fase di raffreddamento deformazioni nel manufatto e fratture dello smalto, oltre ai problemi di alterazione dei colori dovuti agli ossidi che si formano sui supporti metallici durante la cottura.
Tecniche degli smalti
Champlevé, Cloisonné e Smalto traslucido (Basse taille o pittura a smalto) sono le tre principali tecniche dello smalto. Paganini ha praticato le prime due tecniche introducendo però alcune modifiche.
CHAMPLEVÉ CLASSICO
(Campo levato). Vengono ricavati degli alveoli, profondi all’incirca un millimetro, scavando con dei bulini, (o anche con acidi, riservando a bitume il tratto del disegno che non verrà scavato), la lastra metallica di fondo.
Lo smalto, normalmente opaco, viene steso in questi alveoli sottoforma di graniglia molto fine e quindi sottoposto a cottura, operazione ripetuta fino a completo riempimento dello spessore. Il tutto viene poi levigato con lime abrasive e lucidato. L’aspetto finale è quello di una superficie di smalti formati da campi monocromi o policromi, giacenti sullo stesso piano, con un disegno metallico.
CLOISONNÉ CLASSICO
In questa tecnica gli alveoli vengono ottenuti, anziché scavando il metallo, mediante listelli metallici (cloisons) o piccoli fili (filigrane) che vengono riportati alla lastra di fondo. In queste campiture rilevate rispetto al piano metallico viene steso lo smalto.
Sul disegno riportato sulla lastra vengono sagomate le lamine di rame, argento od oro con pinzette, saldandole poi con argento.
La laminetta può anche essere applicata su uno strato di smalto incolore, impiegato anche come adesivo, cotto poi leggermente. Negli alveoli così ottenuti si stendono gli smalti colorati. Si passa quindi alla cottura in forno e alla levigatura del rilevi dei fili con una lima. Il cloisonné ha un fascino particolare per lo spessore e la luminosità degli smalti trasparenti e si caratterizza per un disegno metallico fitto e minuto. È una tecnica molto usata nel campo della gioielleria, abbinata alle fili-
grane d’argento.
Gli sbalzi su rame
Ogni artista cesellatore sviluppa una sua tecnica. Il rame è un metallo molto duttile che si presta molto bene a questa lavorazione. La fase di ‘sbalzo’ consiste nell’alzare i volumi delle figure lavorando sul lato posteriore della lastra, fissata su uno strato di ‘pece’ (plastica e consistente al contempo), con martello e punzoni d’acciaio o legno variamente sagomati (i ‘ceselli’); il ‘cesello’ invece si opera sul lato anteriore della lastra,
sempre su pece o altro materiale analogo, rifinendo i profili e i dettagli delle figure ricavate a sbalzo. In sostanza questa tecnica antichissima permette di ottenere un rilevo su metallo.
Paganini, che lavorava le lastre sempre con scarso aggetto, argentava la lastra o usava particolari patinature per esaltare i volumi delle figure rispetto al piano di fondo. Spesso abbinava anche smalti a gran fuoco o a freddo (sintetici) e inserti di pietre dure.
Lo smalto: una lunga
tradizione nella storia
Usato già nell’antichità, ebbe nel medioevo una delle epoche più felici e feconde. Cospicua e raffinata la produzione bizantina,
di cui l’opera più famosa si può considerare la serie di placche a smalto cloisonné montata nella pala d’oro di s. Marco a Venezia
(secoli X - XIII),
così come quella dei numerosi ateliers attivi nel XII e XIII secolo nelle abbazie del Limosino, della Mosa e del Reno, che hanno visto l’opera di artisti di eccezionale levatura come
Nicolas de Verdun e Godefroid de Huy.
Splendidi anche i luminosi smalti traslucidi del XIV secolo, tipici dell’ambito senese, i cui primi esempi conosciuti sono montati sul calice di papa Niccolò IV, opera di Guccio di Mannaia,
e che vedono il loro apice di inarrivabile perfezione
nel reliquiario del corporale di Bolsena di Ugolino di Vieri.
Esempio di sbalzo su rame argentato e smaltato.
Tabernacolo della cappellina Istituto Suore Immacolata Concezione di Buenos Aires - via Elba, Milano
Esempio di sbalzo su rame patinato o brunito, con aureole dorate in foglia d'oro. Formella di Via Crucis - XIII stazione (Deposizione).
Parrocchia di S. Maria a Mare, Viserba (RN).
© 2015 Ettore Paganini